26 novembre 2022

Testo espositivo “La città”:

MONGUZZO

 

 

  Abito in questo piccolo paese da quando sono nato. Quindici lunghi anni. Ripensando a tutto questo tempo trascorso, mi vengono in mente molti ricordi, alcuni allegri, altri invece più cupi, come è giusto che sia. Ripenso a tutte le domeniche in chiesa con la famiglia, agli amici dell’oratorio, al campetto dove ci trovavamo per far passare il tempo insieme. Ricordo le sere a cena con i vicini, i bei momenti in compagnia, alla palestra in cui ho cominciato a praticare il mio primo sport. Ricordo, da più piccolo, tutti i sabato sera con la nonna a guardare la tv, i pranzi di Natale con gli zii, i pomeriggi interi a divertirmi con i miei compagni… Insomma, tante parti di me si trovano nel mio paesino. Ne è passato di tempo, forse troppo.

Monguzzo è una minuscola cittadina dispersa nel verde, tra colline, prati immensi e campi infiniti. Ricca di strade anguste, ma avvolgenti, come quelle di Trieste di Saba, ed edifici antichi, colmi di storia, che sembrano aggrapparsi al terreno per rimanere in vita e non crollare dalle scoscese pendenze. Il paese offre la vista di paesaggi sconfinati, strepitosi all’occhio, ancor di più quando a salutare è il sole, che mette in scena un teatro di luci e ombre mozzafiato, per chi sa apprezzare.

Come scrive Calvino “La città non dice il suo passato, lo contiene”, così tra le strade di Monguzzo si può assaporare quel senso di vissuto, di storico, del minuto borgo. Tra le vie del paese si respira un’aria fresca, viva, colma però di malinconia, angoscia e solitudine, aumentata da un silenzio assordante e tormentoso, spezzato solo dal rumore dei motori.

Sotto questo aspetto mi ci rivedo in quanto raccontato da Umberto Saba nelle opere analizzate, infatti, per me quelle vie sono sinonimo di una tranquillità negativa, che per me rappresenta un grosso limite e che cela dietro di sé profonda riflessione e una monotonia snervante, dettata dalla solitudine di essere lontano da tutti e dal desiderio di cambiamento.

Per riassumere direi che passeggiando per Monguzzo, ho la possibilità di godere di paesaggi straordinari, ma ciò che mi capita più spesso di fare è riflettere. Riflettere sulla mia vita, le mie scelte, il mio modo di essere. Riflettere su cosa potrei fare per migliorare la mia giornata, sul perché certe volte mi ritrovo a casa solo, triste, anche se in realtà sono circondato da persone a me care. Riflettere su quella strana solitudine collettiva, pesante, che la maggior parte delle volte, sfocia in rabbia, malcontento e grande incertezza.

Tutto questo finisce per formare un sentimento di antipatia verso il mio paese, alimentato dalla voglia di cambiare aria e voltare pagina.